venerdì 1 agosto 2014

Forti nella concretezza

SOLANAS - Casa di Don BoscoCagliari

La Summer School “Una speranza per l’Europa” chiude i lavori con una tavola rotonda. I presenti sono: Valentina Argiolas, Adriano Picciau, Oriana Putzolo e Gilberto Marras.  Ha moderato gli interventi Claudio Gentili. Dopo aver presentato le proprie realtà aziendali, sindacali, associative, i relatori hanno analizzano il contesto regionale in termini di passato, presente e futuro. Vediamo più in dettaglio quanto ciascun ospite ha comunicato.

Claudio Gentili con gli ospiti della tavola rotonda 

Claudio Gentili - Confindustria
Claudio Gentili introduce i lavori parlando di “nuova cultura del lavoro”. La filosofia di fondo è crescere cambiando. Il lavoro si tiene insieme con la competenza. Il vero welfare del futuro sono le competenze. Il lavoro non lo porta la cicogna, lo portano le imprese: “noi dobbiamo creare una sensibilità non dispregiativa nei confronti delle imprese. Un esempio è la Danimarca. L’imprenditore è visto come un benefattore. Tra le tante vocazioni che dobbiamo promuovere c'è quella di imprenditore”. Conclude Gentili: “Detto questo, il 43% di disoccupati sul 25% di popolazione attiva è un dramma". Così come i 5 milioni di poveri sono un dramma. I divari territoriali nei risultati di apprendimento e nelle infrastrutture sono un dramma.  

Oriana Putzolo - CISL
Presente. Il Segretario CISL presenta le difficoltà occupazionali del territorio. La Putzolo sottolinea una domanda elevata di lavoro condizionata, però, da lacci e laccioli che riducono il buon utilizzo delle risorse. Ecco uno dei suoi passaggi: “Parto dalla seguente considerazione: dobbiamo fare uno sforzo collettivo per mettere in sinergia le forze produttive della Regione facendo prima i “fatti” e poi le “parole”. Dovremmo fare una capitalizzazione intelligente della cultura – una su tutte i Giganti di Monti Prama - delle coste, delle spiagge e dell’agro-alimentare, soprattutto il settore viticolo. Se svincolassimo i 374 milioni del patto di stabilità, potremmo trasformarli in strumenti che creano lavorano”. 
Futuro. Quest’ultima proposta è stata presentata al governatore Pigliaru. La Sardegna ha bisogno di mettere in opera un’industria fatta di verde, prodotti agro-alimentari, artigianato avanzato, cultura. Conclude il Segretario: “Non daremo tregua a questo Presidente, e chiediamo un colpo di reni”. 

Adriano Picciau - Oriana Putzolo

Passato. Picciau racconta la storia della sua azienda, la Laborvetro Srl: “Ho sempre puntato all’eccellenza delle opere e alla professionalità più avanzata, i lavori fatti a regola d’arte. Ho iniziato con il vetro, poi falegnameria, acciaio inox, arrivando a lavorare tutti i materiali. La mia scelta è stata diversificare. La differenziazione è vincente: abbiamo deciso di non fermarci ad un solo materiale. Uno dei lavori più importanti è stato commissiono dal Governo cubano in occasione del viaggio di Giovanni Paolo II.  Si trattò di realizzare centinaia di cabine telefoniche”. Nel 2008, complice la grande crisi e una serie di fattori territoriali, l’azienda comincia a perdere fatturato con conseguente impatto negativo sull’occupazione.   
Presente. L’impresa opera in un contesto di forte criticità. “Ogni giorno dobbiamo combattere con burocrazie e aziende che non rispettano le regole. Recentemente, per realizzare un’opera in aeroporto, ho dovuto preparare 53 adempimenti formali, ciascuno dei quali ha avuto un costo. In queste condizioni non possiamo stare sul mercato, soprattutto se i competitori riducono i costi con manodopera sfruttata, non rispetto delle norme, subappalti selvaggi”.
Futuro è innovazione: “Attualmente sto collaborando con l’Università di Cagliari nella progettazione di finestre che accumulano energia restituendola agli ambienti”.  

Valentina Argiolas - Cantina Argiolas
Passato. La Argiolas racconta la vita del nonno, Antonio Argiolas, fondatore dell’azienda di famiglia. Dopo aver incontrato un viticultore italiano di grande prestigio, il nonno decide una scelta contro-corrente: investire su vitigni autoctoni abbandonando l’idea di coltivare definitivamente il Cannonau. L’azienda si sviluppa, si posiziona sul mercato e nel corso degli anni incrementa gli investimenti.
Presente. Una consistente parte del fatturato è dedicato ad attività di ricerca e sviluppo. La Cantina è attualmente presente in 50 paesi. Recentemente si è affermata in uno dei mercati più importanti: l'Inghilterra. Il 65% del lavoro viene fatto in Italia. L’azienda è organizzata in tre settori: relazioni ed export, gestione, ricerca, sviluppo e progettazione.
Futuro. La scelta di costituire un’azienda unica ha comportato delle difficoltà nell’approccio con il mercato e con i clienti, oltre al fatto che esiste una difficoltà in termini di conoscenza a livello internazionale della stessa regione. In altre regioni tali difficoltà sono state superate grazie a una più stretta collaborazione tra le imprese.


Claudio Gentili - Valentina Argiolas - Gilberto Marras

Gilberto Marras - Confcooperative
Passato. Il Direttore di Confcooperative Sardegna parla di sé e di come ha costruito il suo rapporto con il lavoro: “I miei genitori mi dicevo fai un bel concorso in Regione, e ti metti a posto. Ho preferito  seguire un'altra strada. Dopo la leva, ho aperto partita iva e fondato una cooperativa di ricerca economica. Per me è stato un modo resiliente per capire le sfide del lavoro e stare all'interno del mercato. La mia cultura del lavoro si può sintetizzare così: “fare le cose e raccogliere i risultati”. Quattro anni fa Confcooperative ha affidato a Marras una missione: “prova ad innovare questo mondo”.
Presente. Confcooperative Sardegna conta 700 aziende e 10.000 lavoratori. Per Marras “la criticità più grande è che non riusciamo a fare corpo e sistema, soprattutto a rimuovere le criticità che caratterizzano il contesto: accesso al credito, divari infrastrutturali, reti lunghe, burocrazia”. Per superare questi ostacoli “stiamo creando tavoli per l’accompagnamento di idee progetto", in pratica gruppi di valutazione costituiti da università, banche e imprese. "I tavoli valutano progetti concreti con lo scopo di trasformarli in opportunità di finanziamento e lavoro”. Grazie ad un'iniziativa di Confcooperative è stata aperta una linea di credito dedicata alle nuove imprese: capitali a fondo perduto che capitalizzano la cooperativa chiedendo ai soci non di restituire il prestito ma di ricapitalizzare, nel tempo, la stessa cifra. In questo meccanismo, l’organizzazione fa da garante presso le banche. 
Futuro. Marras vede nella “drastica riforma della burocrazia” la principale innovazione da fare in Italia. 



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Economia inclusiva: la strada della cooperazione

SOLANAS - Casa di Don BoscoCagliari

Mons. Adriano Vincenzi ha aperto l'ultima giornata di lavori, presentato dal Dr. Gilberto Marras, Direttore di ConfCooperative.

Vincenzi parte da un'osservazione: l'economia di solito è divisiva. Sappiamo grazie alla storia che tra impresa e lavoratori c'era un muro, quindi il produrre beni e creare ricchezza sembra avere una grande forza di esclusione, questo perché la distribuzione della ricchezza viene fatta in maniera impropria. Pur sapendo e vedendo tutto ciò, come possiamo dire di desiderare un'economia inclusiva? Bisogna analizzare il nostro apparato teorico, la nostra idea di mercato etc.

E' possibile parlare di economia inclusiva soltanto inserendola in un'idea di sviluppo, nell'orizzonte teorico della Caritas In Veritate, e per avere una visione corretta di sviluppo bisogna sapere che sviluppo è anzitutto vocazione.


Per cambiare l'economia non c'è bisogno di gente più "buona", ma di persone che hanno una visione economica corretta e che portano avanti un'idea che ha certamente qualcosa di utopico, ma non si riduce a un modello ma è guidata dalla coscienza.

Adriano Vincenzi - Gilberto Marras
Se la Dottrina Sociale vuole al centro la persona allora bisogna fare affidamento sulle persone. C'è bisogno di Dio nell'economia. La spiritualità delle persone non si realizza perché si fa parte di un gruppo cattolico, ma solo dentro "il deserto" inteso come la frontiera dell'economia reale. La cooperazione sta in piedi quando incontra persone con queste condizioni, altrimenti va in crisi.

Le caratteristiche dei progetti cooperativi sono: condivisione, autonomia, domanda di un bisogno, localizzazione sul territorio e mutualità. Si capisce quindi che sono determinanti la formazione e l'informazione. Ma cosa rende interessante la cooperativa? La capacità di cogliere i bisogni della gente e di trovare una risposta, strategica attraverso la prossimità, la territorialità e le relazioni che una persona vive nel suo ambito. La capacità di vivere un rapporto responsabile con il proprio territorio, nonostante la globalizzazione.  Inoltre la cooperativa è per sua natura remunerativa, proprio per sostenere la persona che si impegna sul territorio

L'intervento di Vincenzi si chiude con un appello ai giovani. Attraverso i giovani si deve aprire una stagione nuova, con un nuovo modo di pensare allo sviluppo, facendo un investimento proprio sul nostro territorio, partendo dalla consapevolezza di aver una possibilità, anche perché non c'è niente, c'è ancora tutto da creare.

Tutti noi diventiamo un laboratorio, e insieme possiamo dare forma ad una economia inclusiva e cooperativa.  


Anna Chiara Marcattilj


Leggi la relazione di Mons. Vincenzi

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giovedì 31 luglio 2014

Economia di comunione

SOLANAS - Casa di Don BoscoCagliari

È veramente possibile concepire una nuova forma di economia in grado di rimettere al centro la persona nella sua interezza? Oppure è solo il diktat del profitto a muovere l’imprenditore? Il contributo del Prof. Argiolas evidenzia un nuovo modo di intendere l’economia, ovvero l’economia di comunione, che introduce un disegno di uomo e società alternativo all’imperativo economico per eccellenza: il profitto. 

Attenzione! Si tratta di riformulare, non sovvertire. Perché con questa nuova forma di economia, riconducibile per ampi tratti alla concezione economico-sociale del Prof. Becchetti, il conseguimento del profitto non è precluso, bensì è rivisto il modo con cui si giunge ad esso. Le imprese oggi, fortemente condizionate dalla crisi finanziaria europea e dall’eccessiva pressione fiscale, non sono più in grado di prescindere da questa visione “profitto-centrica”. 


L’approccio “profitto-centrico” potrebbe funzionare se la prospettiva di fondo fosse “short-looking”. Ad esempio, per rientrare da investimenti o acquisti devo necessariamente conseguire dei ricavi. Il problema però è se questa policy imprenditoriale persiste anche nel lungo periodo: una multinazionale di grandi dimensioni, se ha come unico imperativo quello di incrementare continuamente le entrate e ridurre i costi, porrà questo come unico target del proprio agire imprenditoriale prescindendo da tutti gli altri aspetti. Ma qual è (o quale dovrebbe essere) la vera priorità? Il proprio benessere o il bene comune? Il focus principale sono io o chi mi sta accanto?

Il problema di fondo, evidenziato da Argiolas, è di matrice culturale. Persiste oggi l’idea che il bene comune non sia sinonimo di ritorno economico anzi, è un rischio ulteriore che solo imprese solide e di grandi dimensioni sono in grado di sostenere. Il recente tracollo finanziario e la crescente diffidenza delle banche ad erogare credito alle piccole-medie imprese, contribuisce a rigenerare questa visione troppo “miope” della realtà, che non va al di la dei propri limiti. 


Il concetto di economia civile allora può essere utile in tal senso. Essa riguarda anzitutto la società civile e il suo modo di essere all'interno di un mercato e di una società. Per “umanizzare” l’economia bisogna umanizzare l’impresa e per far ciò abbiamo bisogno di ciò che Barnard chiama “condizioni di comunione”: solidarietà, integrazione sociale, socievolezza e sicurezza sociale. La comunione, quindi, è fare spazio all'altro e ricevere spazio nell'altro, condividendo azioni ed intenzioni (Bernard). I suoi tratti distintivi sono la libertà (ovvero contrarietà a qualunque imposizione), la pluralità (intesa come diversità e ricchezza) e l’universalità, cioè il bene comune come fine del mio agire. 

A partire da questi elementi, si può ricreare uno stile manageriale diverso, basato su pilastri comuni e che impiega strumenti comuni. Sono in tutto 3. Vediamoli in dettaglio.
  1. Alla prima categoria appartengono senza dubbio la necessità del Dialogo, punto d’incontro tra l’ascolto e la parola e dal cui equilibrio discende la sua efficacia. 
  2. La Fiducia, dal latino fides = “corda”, ovvero quel ponte che lega interiormente due persone e dalla cui mancanza scaturisce l’opportunismo. 
  3. La Reciprocità, che può essere condizionata (come un contratto giuridico), parzialmente incondizionata (secondo il principio do ut des) oppure incondizionata (fondata sulla gratuità). 
A partire da questi principi ispiratori, unitamente agli strumenti di Comunione, come la condivisione di esperienze e conoscenze in seno agli imprenditori, il colloquio periodico ed insistito con i dipendenti e la scelta di una mission aziendale improntata al bene comune, si può giungere alla costituzione di un’impresa socialmente orientata alla vocazione comunitaria per sua stessa natura. 

Partendo quindi da una visione d’impresa, non più vincolata alla sopravvivenza economica nel breve periodo, bensì al “vivere-bene” comunitario, si giunge all'elaborazione di un modello d’impresa socialmente orientato in grado di rispondere ad una  “vocazione comunitaria”. Solo così l’economia può cambiare, solo così l’uomo possiamo realizzare un’economia fondata sulla dignità delle persone.


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Le strade della comunicazione politica

SOLANAS - Casa di Don BoscoCagliari

L’ultima relazione della mattina è stata introdotta da Andrea Mameli, del CRS4, un centro di ricerca d’avanguardia nato negli anni ’90 per offrire alla Sardegna delle possibilità di sviluppo innovative differenti da quelle tradizionali (pastorizia, industria pesante…). Il CRS4 focalizza la propria attività su quattro settori, dei quali è leader a livello nazionale: energia ambientale, bioinformatica, biomedicina e datafusion (trasmissione informatica di ingenti quantità di dati). 

La parola è passata poi al professor Paolo Benanti (T.O.R.), esperto, tra le altre cose, di applicazione dell’etica nei diversi campi del sapere (neuroetica, tecnoetica…). L’approccio di Benanti è soprattutto problematizzante, e l’argomento è di altissima attualità: in quale modo la comunicazione 2.0 influisce sulla partecipazione politica in particolare e sulle modalità di relazione in generale?


Una certa corrente propria soprattutto delle grandi società di comunicazione sembrerebbe affermare che la rete sia uno strumento strutturalmente positivo, tutt’al più neutro, rispetto alle possibilità di relazioni umane. Ma l’esperienza a volte dimostra che un’iperconnessione virtuale può portare a una disconnessione dal reale, causata soprattutto dall’assuefazione alla gratificazione ricercata, non sempre ottenuta.

D’altra parte il web ha aperto le porte a nuove forme di lavoro creativo: web master, community manager, tecnici video … Ma come ogni ramo lavorativo, ha già creato una certa forma di “classe proletaria” sfruttata: giovani e meno giovani che creano siti e database senza alcun tipo di tutela contrattuale, lavorando senza sosta per guadagni modesti.

L’impatto più significativo del web 2.0 sulla vita ordinaria del cittadino è sicuramente una forma di partecipazione della democrazia digitale, chiamata da Benanti “democrazia liquida”. Di volta in volta, il cittadino attraverso la rete può decidere personalmente o delegare esperti riguardo ad una determinata questione. Ma questa modalità lascia irrisolti gli stessi punti che cerca di risolvere: chi ne ha la competenza? Chi gestisce la delega? È ancora democrazia, oppure è una sua imitazione?



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Per una nuova sensibilità delle politiche famigliari nelle Amministrazioni

SOLANAS - Casa di Don BoscoCagliari

Secondo intervento della giornata ha visto protagonista il Dott. Giorgio Latti, magistrato cagliaritano, ci ha esposto alcuni casi di famiglie distrutte da crisi interne. All’inizio si è soffermato molto sul ruolo che deve avere lo Stato. 

L’operatore pubblico ha l’obbligo di rispettare la sfera privata dei cittadini e contemporaneamente ha il dovere di intervenire nel caso in cui vengano meno i diritti del bambino. 
L’affido eterofamiliare dovrebbe essere una struttura temporanea orientata al recupero del rapporto tra genitori e figli. Una politica famigliare non potrebbe prescindere da questo strumento intendendolo come strumento temporaneo e non egoistico. 

Un altro problema sempre più diffuso è il rapporto tra genitori e figli separati. Il professore ha citato Michela Capone, autrice di un libro che ha riportato delle testimonianze riguardo a figli con genitori separati. E’ stata letta una testimonianza di M. , una giovane ragazza che ha affrontato la separazione dei genitori poco dopo i 10 anni. Colpisce la sottolineatura che la ragazza fa sulla considerazione economica che soprattutto il padre potesse avere nei suoi confronti. Non si sentiva figlia ma piuttosto una persona che, nel caso di affidamento alla madre, gli avrebbe portato troppe spese di mantenimento. 
Tutelare la famiglia anche dopo la crisi può essere una dimostrazione di vicinanza dello Stato. Molti casi potrebbero però essere risolti tramite un lavoro intergrato dei servizi. L’obbligo dello Stato, come detto in apertura dell’intervento è quello di assistere queste situazioni e di intervenire nel caso in cui si trovino situazioni di particolare violenza ad opera di uno dei due genitori.

Il professore però ha raccontato che molto spesso sono i genitori di figli disabili con temperamento violento a richiedere l’applicazione dell’allontanamento del figlio per la loro tutela. 
Spetta quindi ad una corretta applicazione di un sano modello antropologico da parte dello Stato assistere queste situazioni difficili che troppo spesso portano ad isolare gli individui a discapito del nucleo familiare.

Educare all’impegno di Cittadinanza nella Chiesa e nella Città

SOLANAS - Casa di Don BoscoCagliari


La terza giornata di Summer School si è aperta con il Prof. Andrea Porcarelli, pedagogista bolognese con una carriera accademica da filosofo. 

Il professore ha introdotto l’argomento presentando due immagini. La prima immagine la prendiamo da Platone (La Repubblica) quando parlava dell’educazione del giovane cittadino collegandola alla costruzione di un mondo interiore. La cittadinanza è prima di tutto una dimensione interiore della formazione della persona. La seconda immagine la prendiamo da Aristotele (Politica) e riguarda la necessità di un’educazione adatta alla Costituzione per assicurare la stabilità della stessa. Quindi la cittadinanza attiva si fonda sia su una città interiore che sul prendersi cura delle dinamiche educative che portino i figli ad occuparsi responsabilmente della loro città.


Inoltre il professore si è soffermato sul concetto di Persona. Troppo spesso ci ritroviamo con delle traduzioni di alcuni termini che sono poco inerenti al significato profondo delle parole stesse. In realtà “uno è persona in forza di quello che è e non di quello che fa”.

Fulcro del discorso è stata l’analisi del concetto di bene comune. Anche qui il professore è partito da due proposizioni che portano a delle traduzioni errate di bene comune. “La libertà di una persona finisce dove inizia la libertà dell’altro”. Questo è il primo concetto errato di bene comune. E’ un concetto altamente egoista che porterebbe a considerare la persona come un limite negativo impedendo quindi una collaborazione tra i cittadini. 


Il secondo concetto che riprende il mito di “Prometeo ed Epimeteo” considera il bene comune come una necessità dell’uomo che si trova costretto a collaborare con gli altri uomini per la sopravvivenza. Il bene comune non può esserci solo per necessità ma dovrebbe essere qualcosa di attraente e naturale. Importante in questo punto dell’esposizione da parte del prof è stata la citazione di Jacques Maritain che intendeva il bene comune come qualcosa di più profondo. “Ogni qualvolta – dice Porcarelli parafrasando Maritain - si vengano a mettere in dubbio le istituzioni o comunque si crei mancanza di fiducia tra gli uomini, si mina il bene comune”. 



Per concretizzare tutto ciò il professore sottolinea che prima di mettere in pratica questi concetti nel mondo vanno prima interiorizzati. Bisogna creare un mondo interiore che abbia come base queste considerazioni e solo dopo si potrebbe riuscire a concretizzare ciò che abbiamo appreso. 

In conclusione sono stati citati il primo DPR 585/1958 che ha introdotto l’obbligo dello studio della costituzione (Educazione Civica) e la L. 169/2008 che grazie anche alla partecipazione diretta del Professore Porcarelli ha annunciato una sperimentazione nazionale di “Cittadinanza e Costituzione” nell’istruzione.
Bisognerebbe quindi passare da una retorica della partecipazione ad una prassi da costruire in tutti gli ambienti, a cominciare dall’educazione giovanile e quindi dalla scuola.

                                                                                                                                 Gianmarco Vocalelli

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mercoledì 30 luglio 2014

Il peso del portafoglio



Si è chiusa oggi pomeriggio la seconda giornata della Summer School con l’intervento del Professor Leonardo Becchetti, ordinario della cattedra di Economia Politica all’Università di Tor Vergata. Non la solita lezione universitaria fatta di analisi, ma soprattutto soluzioni applicabili nel concreto.
Catturando da subito l’attenzione di tutti i presenti, Becchetti ha utilizzato la metafora dell’idra a quattro teste per presentare i principali problemi dei nostri giorni: povertà, ambiente, infelicità e crisi finanziarie. È necessario superare i tre riduzionismi - l’homo economicus, un PIL come unico indicatore di valore, la massimizzazione del profitto - che alimentano questo “mostro”.

Attraverso un parallelismo tra una ormai superata economia tolemaica - raramente gli egoismi di pochi riescono a trasformarsi nel bene per tutti - e una più attuale economia sociale, il docente lancia un messaggio: “Bisogna impegnarsi per non lasciare sola la politica!”. È proprio questo il tema focale, ovvero una nuova cittadinanza attiva dove è necessario far sentire la propria voce. Una via che Becchetti indica è la seguente: votare con il portafoglio.

Il teorico della “wiki-economia” mostra opzioni tangibili come Next (un’iniziativa multi-stakeholder per sensibilizzare alla responsabilità sociale) e Behind the Brands (un sito nel quale è possibile clickare con il portafoglio). 

Insomma, lui ci ha passato la palla, ma sta a noi fare gol! J

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Jessica Mlynarcik e Alessandro Raimondi

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Democrazia e Territori

SOLANAS - Casa di Don BoscoCagliari


Per i partecipanti alla Summer School,  la mattinata si conclude con l’intervento di Francesco Occhetta, scrittore di Civiltà Cattolica. Toni freschi, brillanti, accattivanti contenuti che fanno vedere strade da percorre. L’intervento motiva a dare di più nei territori in cui si vive.

Padre Occhetta si focalizza sull'importanza della formazione pre-politica, per generare un terreno fertile su cui far sorgere una nuova generazione di cittadini impegnati nel sociale e in politica. La democrazia oggi, necessita di una nuova definizione, quella rappresentativa non sembra essere sufficientemente legittimata, a causa di una sfiducia nei confronti dei rappresentanti. D’altra parte una democrazia liquida basata sulla rete, manchevole di vita relazionale e comunitaria, non ha la forza di offrire soluzioni. 

Un esempio concreto? Istituire un comitato di quartiere! Una piccola realtà, un piccolo corpo intermedio, fatto di persone che hanno voglia di prendersi cura del territorio in cui vivono, che promuovono soluzioni.  C’è, a tal proposito, un forte bisogno di forme e luoghi dove fare insieme. I corpi interedi alimentano il collegamento tra territorio, cittadini e rappresentanti. 

Per  segnare una presenza sul territorio, Occhetta indica un metodo, riassumibile in 4 passi:
  1. Studio approfondito del problema  con identificazione delle cause
  2. Capire i motivi per cui una determinata soluzione non si applica
  3. Lavorare in rete, cooperando (è in crisi l’idea di un “solo uomo al comando”)
  4. Darsi degli obiettivi semplici e concreti
Alcuni passaggi della relazione sono stati dedicati ai cambiamenti nella comunicazione politica. Oggi non si fanno più discorsi razionali lunghi e articolati e che devono produrre conseguenze. Al contrario, si raccontano storie che i cittadini ascoltano e che creano identificazione. 



Rivolgendosi ai gionalisti presenti in sala Occhetta indica una sollecitazione culturale proviene dagli Stati Uniti. Si tratta del passaggio dalle 5W - Who, What, Where, When, Why – alle 5C: Contesto, Conversazione, Cura, Comunità, Cooperazione. 



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Comunicazione sociale: Sfida per la comunità dei credenti

SOLANAS - Casa di Don BoscoCagliari

La mattinata della Summer School continua con l’apporto di don Giovanni Fusco e Filomena Libutti. Questo secondo intervento ha avuto come oggetto l’analisi del rapporto tra comunicazione e Vangelo. Siamo di fronte al fatto che spesso la Verità è sottoposta al vaglio del consenso. I mezzi sembrano dare opportunità ad ogni opinione di diventare verità, con una conseguente deriva verso il relativismo. È responsabilità primaria di chi li gestisce, ma anche di ciascuno di noi, preservare e assicurare una comunicazione corretta e rispettosa della realtà.


Il passo successivo è dunque sapere che possiamo essere attori responsabili di questa comunicazione grazie alla rete. Essere una Chiesa in uscita nel web. E se abbiamo detto che la Verità deve essere al centro della nostra comunicazione, l’evangelizzazione è ciò che ne risulta. E’ una sfida che la comunità ecclesiale – clero e laici - deve accogliere! Alcuni accorgimenti chiave proposti da Fusco:

  1. Evitare la commercializzazione del Vangelo, inteso come prodotto di comunicazione o di consumo 
  2. Evitare di limitare l’uso del web a mera informazione religiosa (ad esempio: gli orari della messa)
  3. Evitare di sostituire la relazionalità reale con quella virtuale (ad esempio: direzione spirituale online)
  4. Favorire input comunicativi alla partecipazione, per diventare primariamente un luogo di incontro, confronto e riflessione
Valeria Versace

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La formazione della coscienza nella vita sociale

SOLANAS - Casa di Don BoscoCagliari

La seconda giornata si è aperta con il contributo dell’On. Savino Pezzotta.
L’intervento dell’onorevole inizia con un breve confronto tra la società industriale e quella post industriale, accompagnato da alcuni aneddoti sulla sua esperienza personale da operaio in fabbrica.

In quel particolare periodo storico si ragionava poco sulla coscienza personale mentre si era più concentrati su una dimensione sociale della necessità. L’industria era vita per la coscienza degli operai.
 “Da giovane operaio, pensavo solo al mio lavoro. Stare in fabbrica era una vita da cani, sopraffazione e subordinazione erano enormi, ogni libertà era oppressa. Però mentre vivevo questa condizione, seguivo gli insegnamenti del mio parroco riguardo la DSC. In particolare mi interessava la Rerum Novarum, e come affrontava la questione operaia all’avvento del capitalismo. Ascoltavo inoltre i radio messaggi di Pio XII sul lavoro e la tecnica.
Credo di aver capito i meccanismi di oppressione della fabbrica, grazie proprio all’insegnamento della Rerum Novarum. Da quel momento mi sono iscritto ad un sindacato, visto come strumento, compagnia, fraternità (degli oppressi).”
Da qui la lezione dell’importanza di assumersi le proprie responsabilità, del passaggio fondamentale dall’ “io” al “noi”.



Dall’incontro con gli altri nasce la dimensione etica. La coscienza è qualcosa di intimo, che non va relegata esclusivamente alla sfera individuale. I principi fondamentali per far fiorire un’adeguata coscienza sociale sono:

  • La relazione con gli altri. Il confronto aperto dei cattolici nella società pluralista
  • Informarsi con spirito di discernimento
  • Non cancellare le esperienze passate guardando solo al presente (no al presentismo)
  • Non agitare i propri principi cristiani “come una clava”
  • Garantire l’obiezione di coscienza, che indica libertà di coscienza (come dovrebbe essere in tutte le democrazie, in quanto territorio del pluralismo).

 “La coscienza ben formata è un impegno politico”. Il vivere associato delle persone significa fare esercizio di coscienza, secondo il principio del Bene Comune. C’è bisogno di un’autentica religiosità, aperta alle diversità. C’è necessità di una spiritualità che non si disincarni. Solo una dimensione spirituale ci può riportare alla dimensione politica, al destino comune. Una società disincarnata, concentrata sull’Io, finisce con l’ingiustizia.
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martedì 29 luglio 2014

Riappropriarsi della Democrazia

SOLANAS - Casa di Don BoscoCagliari

Si è aperta oggi la Summer School in Dottrina Sociale della Chiesa. Titolo dell’iniziativa: "Una speranza per l'Europa". In questa prima giornata due gli interventi di grande rilevanza. L’Arcivescovo Arrigo Miglio ha sottolineato come la scuola sia “un dono per la Sardegna, la Diocesi di Cagliari, in continuità con il dono della visita del Papa”. 

Miglio ha affermato come la Sardegna ha bisogno di posti di lavoro, di progetti, ma soprattutto di una nuova "cultura del lavoro". Ha sottolineato, infine, che i contributi di alto livello “ci aiuteranno a diffondere la cultura del Vangelo e a rinforzare i nostri compiti di Evangelizzazione della Società”. 



La seconda comunicazione è stata svolta da Sua Ecc. Mons. Mario Toso, del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Titolo: “Riappropiarsi della Democrazia”. Pur essendo arrivati ad un certo apice di sviluppo, siamo approdati ad una democrazia a “bassa intensità” caratterizzata da povertà, diseguaglianze, finanziarizzazione dell’economia, deficit di rappresentanza. 

Per contro, si chiede Toso, come realizzare una “democrazia inclusiva ad alta intensità”. Mediante un Nuova Evangelizzazione del Sociale che implica promuovere un incontro di profonda comunione con Cristo, presupposto essenziale per recuperare un vero concetto di democrazia fondato sulla dignità della persona.

La giornata iniziale è stata caratterizzata dai saluti di Adriano Picciau, Presidente di Centesimus Annus, di Federico Ibba, Presidente dell’Associazione Pro Libera Civitate, di Alessandro Raimondi, Presidente del’Associazione Liberi e Forti e di Don Alessandro Sadda. Quest’ultimo, coordinatore della Summer School 2014, ha invitato i partecipati ad interpretare le quattro giornate come un’occasione di “conversione e di partecipazione”.


Leggi la relazione dell'Arcivescovo Arrigo Miglio
Leggi la presentazione di Mons. Mario Toso

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lunedì 28 luglio 2014

A new Hope

SOLANAS - Casa di Don BoscoCagliari

E' tutto pronto per la Summer School "Una nuova speranza per l'Europa". Parteciperanno all'iniziativa numerosi giovani provenienti da diverse realtà associative della Sardegna, insieme ad un nutrito gruppo di amici di Roma, anche loro attivi in diverse ma simili realtà.



L'Arcivescovo di Cagliari Mons. Arrigo Miglio e sua Ecc. Mons. Mario Toso introdurranno i partecipanti ai lavori della scuola.

Cercheremo di aggiornarvi intervento dopo intervento, il livello degli ospiti è veramente alto!

Seguiteci!


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