giovedì 23 luglio 2015

Economia globale e bene comune

  Relazione del Prof. LeonardoBecchetti (docente di economia presso la facoltà di economia dell’università di Roma Tor Vergata): “Gli equilibri tra imprese, cittadini e istituzioni nell’economia globale. Le soluzioni per il bene comune”

  Becchetti apre con una premessa di metodo, affermando come la via da seguire sia quella di partire dai principi per poi applicarli al contesto, contesto che oggi particolarmente si rivela sempre mutevole. È relativamente facile enunciare i principi, sono sempre quelli: il primato della persona, la sussidiarietà, l'opzione preferenziale per gli ultimi ... La vera cosa interessante è capire come questi principi si applichino poi al contesto: possiamo finire col far dei danni se le ricette cui perveniamo si rivelano sbagliate. Una volta trovate le soluzioni non abbiamo ancora finito: resta da capire perché quest soluzioni non trovino applicazione, che cosa ci possa aiutare ad andare verso la soluzione.


  Qual è il contesto in cui ci muoviamo, quando parliamo di economia globale e bene comune? Il mondo odierno è molto bravo a "far cose"; ringraziando il progresso tecnologico abbiamo infatti una crescita spaventosa del 4-5% annuo per l'aggregato mondiale. Tuttavia la crescita è mal distribuita. Un bene nel quale non riusciamo a investire e progredire è la relazionalità. Per esempio la fiducia, che è tra le cose più difficili da costruire, è importantissima per l'economia (si veda l'esempio della recente trattativa per la Grecia), in quanto può ridurre i costi transitivi.

  Il tema del progresso umano è dunque per noi molto più affascinante del tema del progresso tecnologico: si può dire che quest'ultimo ormai cammini da sé. Il grosso problema non è riuscire a creare ricchezza, ma la capacità di distribuirla.

  Nel mondo è in atto una rivoluzione, due diversi tipi di conoscenza si distinguono: la conoscenza codificata e la conoscenza generativa.
La conoscenza codificata consiste nella ripetizione della stessa operazione nello stesso identico modo più e più volte, compito oggi demandato alle macchine o a manovalanza a bassissimo costo. Su questo terreno l'Italia è chiaramente sconfitta, e nelle condizioni presenti non possiamo infatti pagare i lavoratori un dollaro al giorno come i Paesi emergenti o del terzo mondo (come la Cina o altri paesi con salari ancora più bassi). La Sardegna e il tarantino negli anni '50 e '60 puntarono molto su questo tipo di conoscenza (grandi complessi industriali siderurgici), per poi finire schiacciati nei decenni successivi da Paesi più poveri con salari decisamente più bassi nello stesso settore. Il lascito sono state grandi cattedrali nel deserto nel nostro territorio.

  Oggi bisogna dunque ricollocarsi nel settore della conoscenza generativa: quella conoscenza che richiede uno sforzo dell'intelligenza sempre diverso per ogni nuovo pezzo che si produca (si pensi a servizi quali quello fornito dal medico, dall'avvocato, dall'innovatore). Nell'azienda italiana Loccioni (collaudi su pezzi di ricambio) abbiamo ad es. cosiddetti operai che in realtà sono dei softwaristi, dei piccoli ingegneri, persone che devono adattare e applicare dei programmi informatici a situazioni diverse.

  È qui che poi entra in gioco il problema della distribuzione: siccome una comunità sociale non può andare a comporsi all'istante, per il 100%, di professionisti della conoscenza generativa, purtroppo si avrà nella transizione molta gente che uscirà da quei settori, nei quali si produceva in maniera standardizzata e che ormai saranno fuori mercato, e ci si dovrà occupare dunque di come ricollocare queste persone: ecco il tema fondamentale della copertura universale della disoccupazione (reddito minimo, sussidio di disoccupazione, reddito di cittadinanza, ecc.), presente in moltissimi Paesi, Italia esclusa. Parallelamente a questo sussidio dovremmo ovviamente stimolare i beneficiati a formarsi a questa nuova professionalità generativa, al learning-by-doing, al problem-solving; ciò implica anche un cambiamenti nel mondo della scuola, affinché insegni a risolvere i problemi anziché solo a imparare un insieme di nozioni a memoria da ripetere a memoria.

Marcello Iovane
@Marcello_Iovane







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