lunedì 20 luglio 2015

Coscienza solida e società liquida. Una via possibile

Anche questa volta il prof. Paolo Benanti (T.O.R., Università Gregoriana) non ha deluso le aspettative. Come si può formare una coscienza solida in una società che sotto tutti gli effetti si presenta liquida? Prendendo la questione un po’ alla lontana, Benanti parte da un’osservazione che si riferisce ai moti di solidarietà che si manifestano sui social network, in particolare i recenti #jesuischarlie e #lovewins (con annessa immagine del profilo arcobaleno). Qual è il grado di consapevolezza di chi aderisce a questi moti spontanei della rete? “Sei sicuro che la tua opinione sia la tua?”.

Una comunicazione senza morale si avvale sempre dell’uso di fallacie argomentative, che abbondano nell’arena mediatica contemporanea (le più comuni sono l’utilizzo dell’autorità al posto dell’argomentazione e la concatenazione di eventi che solo apparentemente sono legati da nessi di causa ed effetto, come far dipendere consequenzialmente  l’aumento della violenza a quello dell’immigrazione).

Partendo dal caso storico ed emblematico di Eichmann, un gerarca nazista processato dopo la seconda guerra mondiale in Israele, Benanti ha lanciato una riflessione sulla differenza tra corretto e giusto. Effettivamente il gerarca nazista ha obbedito agli ordini del proprio governante, ha agito legalmente. Questo esempio estremo serve a dimostrare che non sempre ciò che è lecito e corretto è anche giusto. “La differenza tra giusto e corretto è tutto lo spazio della coscienza morale”. Per quello che riguarda i diversi ambiti del sapere, l’uomo può essere soggetto a ignoranza (quando si è tenuti a sapere qualcosa) o a nescienza (quando non si conosce ciò che non si è tenuti strettamente a sapere qualcosa, come nel caso di un pilota di aereo che non conosce le procedure di atterraggio). Eppure non è così per quello che riguarda la morale. In questo ambito non esiste possibilità di nescienza: tutti gli esseri umani sono tenuti a conoscere la morale, che non procede da leggi (il novecento con le sue stragi ha sancito il fallimento della morale kantiana: Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me), ma da un grido per così dire fondativo: “Questo no!”.

L’applicazione concreta dei valori (ordinati gerarchicamente ma mai assolutamente) su ciascun caso problematico, guidata dall’utilizzo della retta ragione, è l’unico utilizzo possibile della morale, ed è la condizione necessaria per l’apertura al discernimento all’interno della vita spirituale, politica e culturale.

                                                                                                                           
@tomcardinale






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