Anche questa
volta il prof. Paolo Benanti (T.O.R., Università Gregoriana) non ha deluso le aspettative. Come si può
formare una coscienza solida in una società che sotto tutti gli effetti si
presenta liquida? Prendendo la questione un po’ alla lontana, Benanti parte da
un’osservazione che si riferisce ai moti di solidarietà che si manifestano sui
social network, in particolare i recenti #jesuischarlie e #lovewins (con
annessa immagine del profilo arcobaleno). Qual è il grado di consapevolezza di
chi aderisce a questi moti spontanei della rete? “Sei sicuro che la tua
opinione sia la tua?”.
Una
comunicazione senza morale si avvale sempre dell’uso di fallacie argomentative,
che abbondano nell’arena mediatica contemporanea (le più comuni sono l’utilizzo
dell’autorità al posto dell’argomentazione e la concatenazione di eventi che
solo apparentemente sono legati da nessi di causa ed effetto, come far
dipendere consequenzialmente l’aumento
della violenza a quello dell’immigrazione).
Partendo dal
caso storico ed emblematico di Eichmann, un gerarca nazista processato dopo la
seconda guerra mondiale in Israele, Benanti ha lanciato una riflessione sulla
differenza tra corretto e giusto. Effettivamente il gerarca nazista ha obbedito
agli ordini del proprio governante, ha agito legalmente. Questo esempio estremo
serve a dimostrare che non sempre ciò che è lecito e corretto è anche giusto. “La
differenza tra giusto e corretto è tutto lo spazio della coscienza morale”. Per
quello che riguarda i diversi ambiti del sapere, l’uomo può essere soggetto a
ignoranza (quando si è tenuti a sapere qualcosa) o a nescienza (quando non si
conosce ciò che non si è tenuti strettamente a sapere qualcosa, come nel caso
di un pilota di aereo che non conosce le procedure di atterraggio). Eppure non
è così per quello che riguarda la morale. In questo ambito non esiste possibilità
di nescienza: tutti gli esseri umani sono tenuti a conoscere la morale, che non
procede da leggi (il novecento con le sue stragi ha sancito il fallimento della
morale kantiana: Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me),
ma da un grido per così dire fondativo: “Questo no!”.
L’applicazione
concreta dei valori (ordinati gerarchicamente ma mai assolutamente) su ciascun
caso problematico, guidata dall’utilizzo della retta ragione, è l’unico utilizzo
possibile della morale, ed è la condizione necessaria per l’apertura al
discernimento all’interno della vita spirituale, politica e culturale.
@tomcardinale
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