L’intervento di Francesco Occhetta (giornalista politologo di Civiltà Cattolica), ha
riguardato aspetti che a prima impatto potrebbero sembrare estranei alla vita
politica ma che in realtà ne costituiscono il cuore: i desideri come motori
delle azioni degli uomini e il loro discernimento.
Il desiderio occupa nella
vita dell’uomo un posto fondamentale, servono a far capire verso quale meta
orientare le vele e navigare. “Siamo fatti di desideri. L’uomo è capace di gustare la vita se nell’ascoltarli prova una
pace profonda che gli dice: io posso viverli”. Distinguere e dare nome ai
desideri è colmare un vuoto nel realizzarli. La malattia del nostro tempo
sembra essere proprio l’assenza di desiderio, specialmente nei più giovani.
Cos’è il desiderio?
E’ qualcosa che tocca profondamente i nostri affetti, ma non è emotività, non è
pura passione, né un bisogno; il vero desiderio si riconosce perché non si
spegne, arde senza consumarsi, dà la forza di superare grandi difficoltà,chiede
grandi rinunce che non sono mai impossibili.
Come coltivarlo?
Ripercorrendo la propria vita, condividendo con un amico, una guida, la propria storia, lasciandosi ascoltare e facendosi
accompagnare.
Il discernimento, quel
setacciare, distinguere, capire le voci della nostra coscienza diventa dunque
uno strumento essenziale. Occhetta ha a questo punto citato alcuni passi degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola: “Quando vai di male in
peggio, il messaggero cattivo di solito ti propone piaceri apparenti facendoti
immaginare piaceri e godimenti, perché tu persista e cresca nella tua
schiavitù. Invece il messaggero buono adotta il metodo opposto: ti punge e
rimorde la coscienza, per farti comprendere il tuo errore” (n. 314). Il male cerca di
corromperti offrendoti la strada più facile e veloce che ti dà piaceri di breve
durata, che ti rendono schiavo, senza mai appagarti ma anzi usandoti.
“Quando sei desolato, non
fare mai mutamenti. Resta saldo nei propositi che avevi il giorno precedente a
tale desolazione, o nella decisione in cui eri nella precedente consolazione.
Infatti, mentre in questa ti guida di più lo spirito buono, nella desolazione
ti guida quello cattivo, con i consigli del quale non puoi imbroccare nessuna
strada giusta” (n. 318). Proprio perché il
desiderio non è solo emozione, le scelte importanti non devono mai essere prese
durante momenti di tristezza e desolazione; in queste situazioni di dubbio,
occorre attendere che torni il sereno, condizione in cui riusciamo a vedere
meglio l’orizzonte e la direzione che dobbiamo intraprendere.
Il politologo gesuita ha
proseguito il suo intervento offrendo la sua visione sui temi prioritari che la
società dovrà affrontare nel prossimo futuro. Per primo il rapporto tra
fede e laicità, specialmente dopo i tragici eventi di Parigi; occorre capire
qual è l’incontro possibile tra le religioni e la società laica, partendo dalle
grandi domande che ci accomunano: quale dialogo? Quale diritto? Cosa
condividiamo?
In secondo luogo è
necessario che sia rimesso al centro delle scelte politiche l’uomo, nella sua
identità più profonda; è molto diffusa nella classe politica l’assenza di una
visione antropologica specifica: che uomo vogliamo costruire? In questa epoca
storica è infatti necessario colmare il gap culturale rispetto alle nuove
categorie del post-umanesimo.
In conclusione, padre
Occhetta ci lascia un metodo articolato in più tappe per vivere l’impegno
politico:
1.
Lettura del
contesto in cui viviamo
2.
Lettura
critica della propria esperienza, inquadrandola in un’ottica di impegno
politico
3.
Agire insieme
dandosi forza a vicenda
4.
Essere capaci
di valutare quanto fatto e farsi valutare dagli altri
5.
Interiorizzare
i contenuti e condividerli, tematizzando la propria esperienza
6.
Curare la
vita spirituale, attraverso la preghiera
Occhetta ci saluta con
Bertold Brecht: “Il peggiore analfabeta è l’analfabeta politico. Egli non sente, non parla,
né s’importa degli avvenimenti politici. Egli non sa che il costo della vita,
il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina, dell’affitto, delle scarpe e
delle medicine dipendono dalle decisioni politiche. L’analfabeta politico è
così somaro che si vanta e si gonfia il petto dicendo che odia la politica. Non
sa l’imbecille che dalla sua ignoranza politica nasce la prostituta, il bambino
abbandonato, l’assaltante, il peggiore di tutti i banditi, che è il politico
imbroglione, il mafioso corrotto, il lacchè delle imprese nazionali e
multinazionali”.
Rosalba Famà, Benedetta Michelazzo
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